LATINA – L’allerta “nitrito di sodio” lanciata dalla Direzione centrale della polizia criminale alle Questure italiane e alle Compagnie Carabinieri con l’obiettivo di rintracciare i nove cittadini del nostro Paese, che hanno acquistato sul web un «kit del suicidio», entra dolorosamente a casa Gianfreda, a Latina. Sono stati infatti i genitori di Fabio, il 19enne che si è tolto la vita il 10 dicembre del 2020 in un albergo romano utilizzando la sostanza che ha ordinato liberamente sul web, a lanciare per primi, dopo la tragedia, l’allarme su quella micidiale polvere bianca, di facile utilizzo, che uccide senza dolore. Fabio aveva ancora le cuffiette alle orecchie quando è stato trovato. Ascoltava la sua musica preferita. Come lui, dopo aver ricevuto consigli su un sito dedicato che neanche la Procura di Roma che indaga per istigazione al suicidio è riuscita a oscurare (se non per breve tempo), si sono tolti la vita durante e dopo il lockdown altri giovanissimi italiani. Uno di loro ha provato a chiedere aiuto, ma era ormai troppo tardi. Ragazzi fragili che hanno trovato una via troppo semplice e istruzioni precise per morire, quando invece avrebbero potuto avere altre possibilità di comprendere il loro malessere e di elaborarlo. Si chiamavano Antonio, Matteo, Toni, Veronica.
“Vogliamo rilanciare con forza il nostro appello con cui chiediamo che sia inibita la libera vendita del nitrito di sodio – sottolinea il papà di Fabio – Mio figlio lo ha ottenuto con estrema facilità, raccontando che nel pacco arrivato c’era un regalo di Natale, una sorpresa. Ci rendiamo conto che è un additivo per alimenti utilizzato per fini assolutamente leciti, ma chiediamo che vengano posti dei limiti per chi lo acquista. I diserbanti, per esempio, si comprano se si ha un patentino, dimostrando di essere dei professionisti del settore, quella sostanza invece, circola liberamente e può essere letale”. I Gianfreda hanno lanciato sulla piattaforma Change.org una petizione per chiedere uno stop alla libera vendita del nitrito di sodio già firmata da 20mila persone. “E’ il momento di ridare forza a questa richiesta”, aggiunge Marco Gianfreda che con la moglie Lisa ha fondato l’associazione Io sono Enea, in memoria di Fabio.
Secondo l’alert dell’Interpol questa volta è stato un sedicente chef canadese di Toronto, Kenneth Law, già indagato, ad aver venduto i 9 kit in Italia. Mentre l’inchiesta sulla morte di Fabio prosegue, affidata alla sostituta procuratore della Repubblica di Roma, Giulia Guccione. Chissà se riuscirà a portare da qualche parte. Noi lo speriamo.