BASSIANO – Tappa zero ieri per Limito, il labirinto di vigneti realizzato dalla famiglia Carpineti su un altopiano 400 metri sopra il livello del mare, tra i Comuni di Bassiano, Sezze e Sermoneta, dove con l’aiuto dell’ architetto paesaggista Fernando Bernardi è stata realizzata un’opera di land art disegnata con le viti dell’antico Abbuoto ((cæcubum in latino) da cui nascerà il prossimo vino della vitivinicola pontina ormai nota a livello internazionale: il Labirinto, appunto. L’opera inaugurata ieri, apre la vigna alle visite esperienziali e alla scoperta di una porzione di territorio incontaminata. Una novità presentata dai fratelli Isabella e Paolo Carpineti figli del fondatore Paolo.
Si tratta del labirinto di vigna più grande al mondo, nel Parco dell’Antoniana dell’Azienda Agricola Biologica Marco Carpineti dove le vigne sono protette da una dolina e le mucche pascolano libere, chiamate per nome e curate da Nicola Tasselli, economista pentito riconvertito alla natura. Il colpo d’occhio è impressionante: un paradiso naturale, fatto di boschi, laghetti e, sull’altopiano, i vigneti di Bellone, Abbuoto e Nero Buono dell’azienda. Qui, una porzione di vigna di circa tre ettari è stata ripensata completamente per dare vita, nel cuore di questo scenario naturale unico nel suo genere, a una vera e propria opera di design, che rilegge la vigna in una chiave inedita e racconta l’intento della famiglia Carpineti: un vigneto inclusivo come metafora della vita e rappresentazione di bellezza, arte e creatività come ci ha raccontato Marco Carpineti.
L’OPERA – L’opera di land art si compone di un elaborato disegno che ospita due spirali e un labirinto, il tutto avvolto da un turbinio di onde, che vogliono abbracciare chi percorre l’interno della vigna. L’idea nasce dalla volontà di creare un vigneto in grado di includere e accogliere, di ospitare invece che di creare barriere. La particolare conformazione del labirinto sposa anche una precisa sperimentazione: con le sue onde e le sue ombre, vuole infatti sviluppare un impianto nuovo che sia funzionale alla giusta maturazione delle diverse uve e in grado di valorizzare e gestire al meglio la pianta e i suoi frutti. Inoltre, la scelta ha portato a creare un disegno preciso anche in base alla colorazione delle uve e delle loro foglie in maniera che, con l’arrivo dei primi freddi, cambiassero colore e trasformassero il disegno in un tripudio di nuance che si accendono, fornendo allo spettatore un continuo cambio di scena. Un’architettura funzionale ed estetica al tempo stesso, che si realizza in senso rinascimentale, per ridare dignità a luoghi antichi . “Perché”, spiega la famiglia, “vogliamo rendere le nostre tenute, nate e pensate per produrre uva, dei musei a cielo aperto. Trasformare ciò che è produttivo in qualcosa di artistico. Tornare a parlare di bellezza, creatività, ingegno e distintività. Ciò che ha reso l’Italia per secoli una terra di bellezza e bacino di una capacità del “fare” unica al mondo”. Quando si dice tutori e valorizzatori dell’ambiente.