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l'inchiesta di perugia

Prima notte in carcere per la Gip del Tribunale di Latina Giorgia Castriota. Sigilli agli uffici

Cantone: "Quadro granitico di gravità indiziaria"

LATINA – Ha generato sconcerto e incredulità nel mondo giudiziario l’arresto della giudice del Tribunale di Latina Giorgia Castriota nell’inchiesta della Procura di Perugia competente per i reati commessi dalle toghe. La magistrata era in servizio  dal 2016 nel capoluogo dove ha svolto fino all’altro ieri il ruolo di Gup e di Gip. Mercoledì era regolarmente in servizio, puntuale, affabile, con un’agenda fitta. Nulla lasciava presagire quello che sarebbe accaduto qualche ora più tardi quando la Guardia di Finanza ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Ad attivare l’inchiesta, la denuncia di un imprenditore pontino che si sentiva leso dalle modalità di amministrazione dei beni che gli erano stati sequestrati per reati tributari e sono cominciate le indagini coordinate nel massimo riserbo dal procuratore Raffaele Cantone. Gli esiti si sono palesati ieri. Stante la presunzione di innocenza, si è di fronte a “un quadro granitico di gravità indiziaria”, così lo definisce Cantone sottolineando che le indagini hanno fatto emergere “un chiaro quadro di accordo corruttivo”.

Con la Castriota sono stati arrestati due amici professionisti ai quali avrebbe dato incarichi in cambio di denaro, gioielli, la tribuna d’onore dell’Olimpico. Viene da chiedersi davvero, perché, considerato che per la delicatezza del ruolo, per le oggettive responsabilità e certamente anche per il rischio di cedere alla corruzione, i compensi dei magistrati sono nettamente superiori alla media. Ma anche, viene da chiedersi, che valori sono in gioco.

Sembra essere tornati indietro di otto anni, quando scattò l’arresto per il giudice Antonio Lollo accusato di aver venduto la sua funzione e ormai vicino a riconquistare il suo status di cittadino libero dopo aver scontato la condanna a tre anni e 6 mesi. Corruzione in atti giudiziari è la grave accusa di cui dovrà rispondere anche la Castriota per quegli incarichi assegnati  – così la Procura di Perugia – “al di fuori di qualsiasi criterio oggettivo e soprattutto in contrasto con una specifica norma che stabilisce il divieto di assumere il ruolo di amministratore giudiziario e coadiutore da parte di coloro che, con il magistrato che conferisce l’incarico, hanno un’assidua frequentazione”. In questo caso gli amici Silvano Ferraro (in carcere) e Stefania Vitto (ai domiciliari). Indagati anche altri due professionisti.

Sigillato l’ufficio della Gip: sono cominciate le perquisizioni da parte dei militari della Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza. Gli investigatori vogliono capire se questa gestione illecita degli incarichi sia stata utilizzata anche in altri casi e per altre aziende e società della provincia i cui beni erano finiti sotto sequestro. L’inchiesta dunque si potrebbe allargare.

La Gip Castriota ha giudicato in inchieste eccellenti che avevano a base anche reati contro la pubblica amministrazione come l’inchiesta Dune a Sabaudia e Free Bech a Terracina.

Ora toccherà a lei difendersi.

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