LATINA – Barbara Ensoli arriva a Latina per una conferenza scientifica organizzata da Siamo Sapiens nell’aula magna dell’istituto tecnico commerciale Vittorio Veneto e si ferma a guardare la sua vecchia scuola, il liceo classico Dante Alighieri, il posto in cui tutto è nato, dove si è formata la decisione di diventare medico e quella voglia di lavorare per la salute delle persone che la guida ogni giorno.
Il momento non è facile: mancano i fondi per continuare la sperimentazione del vaccino contro l’Hiv, la fase 3, quella che consentirebbe di aver in pochi anni un farmaco disponibile per la popolazione.
Dalla scoperta del Tat, l’ormai famosa proteina che è benzina per il virus che causa l’Aids, per Barbara Ensoli sono passati molti anni, tanti mal di schiena, ferie saltate e fine settimana mai esistiti. “Mio figlio ha 26 anni – dice – non era ancora nato quando ho cominciato le ricerche. E’ tutta la vita. Ma non ci arrendiamo, stiamo cercando fondi sia nel pubblico che nel privato”. Capace di trascinare la platea, la direttrice del centro nazionale di ricerca Hiv/Aids dell’Istituto Superiore di Sanità racconta le scoperte fatte da quando, tornata dagli Usa, ha formato il suo gruppo di ricerca. Parla delle prospettive del vaccino per la cura della malattia che ancora oggi uccide. E delle difficoltà.
Dalla Tat al vaccino, anni e anni di ricerca, che effetto fa raccontarli a Latina, nella città in cui è nata?
“Venire a Latina per me è sempre un piacere enorme, perché è la mia città e sono accolta sempre con un affetto incredibile che riscalda il cuore. E’ bello raccontare tutte queste cose qui, davanti a quella che è stata la mia scuola. Anch’io mi chiedo quanti anni sono passati e quante cose ho fatto. L’America ovviamente è stata un’esperienza fondamentale e mi ha proprio costruito nella mente e nel corpo, nella ricerca profonda di base, ho imparato tantissime cose di biologia molecolare e cellulare, di virologia, di oncologia. E poi ritornare in Italia, trasferire tutto quanto qui, anche questo è stato molto importante, costruire la squadra. Che questo percorso sia stato fatto in Italia mi riempie di orgoglio, perché è un Paese non solo bellissimo ma di gente in gambissima, a cui si dovrebbero dare più possibilità. Se agli italiani si dessero possibilità di fare ricerca, quante scoperte ci sarebbero”.
A che punto è il vaccino?
Siamo ad un livello di sperimentazione clinica sull’uomo molto avanzata, i risultati sono molto buoni, ci hanno indicato che c’è efficacia. Adesso bisogna continuare con la fase 3, la fase finale, quella cosiddetta proprio di efficacia, su un numero maggiore di persone, dopodiché si può ottenere l’approvazione per l’uso sull’uomo e a quel punto la fase di produzione e distribuzione alla popolazione.
Che cosa manca per la fase 3?
I fondi, solo i fondi. I protocolli sono stati scritti, già presentati all’agenzia regolatoria sudafricana, ma non abbiamo i fondi per continuare. Purtroppo si pensa che l’Aids non sia più un problema, invece è un problema reale, presente, frequente, gravissimo in tutto il mondo. Si pensa che i farmaci siano la soluzione e non sono la soluzione. Come per tutte le pandemie l’unica soluzione sono i vaccini.
C’è chi sostiene che non è un vero vaccino perché non è preventivo
I vaccini possono essere preventivi quando sono utilizzati nel soggetto sano e terapeutici quando sono utilizzati per il soggetto già infettato. Esistono i vaccini antitumorali per soggetti che hanno già il tumore; ci sono tantissimi vaccini terapeutici in via di sviluppo, per malattie infettive, per i tumori, anche per le leucemie: è un campo che sta aumentando enormemente. Lo stesso prodotto inoltre può essere preventivo e terapeutico, dipende da dove lo usi, se nel soggetto sano allora è preventivo, se il soggetto è infettato, allora è terapeutico.
Tutto è cominciato tanti anni fa con la scoperta della proteina Tat, un transattivatore, essenziale per la replicazione di HIV.
Il Tat è il motore del virus, quindi è la proteina chiave. Il vaccino è il Tat.
Se arrivassero i fondi quanto ci vorrebbe ad arrivare a meta?
E’ questione di pochi anni, abbiamo tutto pronto per partire, anche in Sudafrica, la macchina organizzativa che la cosa è che fa perdere più tempo da organizzare, è pronta. Mancano soltanto i soldi per andare avanti. Dopodiché un trial in Italia si può fare in un anno e in Sudafrica, avendo i soldi oggi, in tre anni avremmo finito.
Quanto vi serve?
Diciotto milioni. I governi italiani hanno investito molti soldi, parliamo di 26 milioni, cosa che per l’industria sarebbe una bazzecola, nel senso che loro spendono molto di più. Io penso che disperdere tutto quello che è stato investito, tutta questa ricerca, disperdere la vita di tutti i ricercatori che ci hanno lavorato da anni, è veramente un peccato, è gravissimo, quando invece ci vuole veramente poco per completare la ricerca e dare un vaccino alla popolazione. Che poi è la ragione di tutto, e parlo da medico.
Quindi è un rischio concreto che tutto questo lavoro finisca qui?
Assolutamente si.