LATINA – La Regione Lazio ha chiesto di essere parte civile nel processo contro il clan Di Silvio, cominciato martedì mattina davanti al Tribunale di Latina. Hanno chiesto di farlo anche le associazioni Antonino Caponnetto e Addio Pizzo. Non si è costituito invece il Comune di Latina. Si è aperto così, davanti al primo collegio penale presieduto dal giudice Gianluca Soana, il giudizio immediato cautelare contro il gruppo criminale i cui componenti sono stati arrestati dalla Polizia nell’operazione Alba Pontina coordinata dalla Dda di Roma e dalla Procura di Latina e che per la prima volta è accusato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. Il Tribunale dovrà innanzitutto decidere se ammettere l’Ente e le due associazioni come parti civili nel processo. Le difese hanno contestato la mancata trasmissione del decreto di giudizio immediato alle parti offese, alcuni professionisti vittime di estorsioni da parte del clan. Tutto rinviato al 15 maggio dunque per consentire la notifica.
“E’ la prima volta – dichiara il Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, Gianpiero Cioffredi – che a questo clan autoctono viene contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. La costituzione di parte civile della Regione ha il valore di dimostrare concretamente di essere dalla parte dello Stato, dei cittadini e delle vittime delle mafie. Il clan Di Silvio assieme al clan Ciarelli ha rappresentato per anni una seria minaccia per la vita sociale, economica e politica del capoluogo pontino diventando nel tempo, attraverso l’uso cruento della forza e dell’intimidazione il gruppo criminale egemone a Latina”.
Le indagini della squadra mobile della Questura di Latina, in particolare l’Operazione Alba Pontina, hanno consentito di ricostruire la natura criminale del sodalizio dei Di Silvio e di accertare che il clan è risultato attivo nella gestione di numerosissime attività di carattere estorsivo, consumate in danno di imprenditori, commercianti avvocati e liberi professionisti, e nel traffico delle sostanze stupefacenti. I”l coordinamento delle indagini della Procura di Latina e successivamente della DDA di Roma hanno contribuito a delineare l’evoluzione negli anni della famiglia Di Silvio consentendo ai magistrati di configurare il reato di associazione mafiosa nell’impianto accusatorio del processo cominciato stamattina. Grazie all’impegno delle forze dell’ordine, della procura di Latina e della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma – conclude Cioffredi – possiamo dire che la storia criminale del clan Di Silvio sta arrivando al capolinea”.