LATINA – “Siamo astronauti della montagna”. Lo diceva Daniele Nardi, pensando a quel visionario viaggio dell’uomo sulla Luna esattamente 50 anni fa. Per l’alpinista di Sezze cresciuto tra le falesie dei Lepini, la sfida alle vette più alte della Terra come il Nanga Parbat, non era un modo per giocare d’azzardo con la vita, tutt’altro. Era il modo di vivere appieno la sua, e di guardare fisicamente e idealmente “oltre”. Certo: era roba estrema, come lo sono tutte le grandi imprese. Come per Armstrong, toccare per primo il suolo lunare, come per i grandi esploratori rimasti immortali, aprire una nuova via sul Nanga Parbat, con il sogno di fare sventolare su quella cima la bandiera dei diritti umani, era un progetto che significava progresso per l’umanità.
UNA PERSONA CON LA P MAIUSCOLA – Ed è anche per restituire verità al racconto della Persona con la P maiuscola che era Daniele, e non farci sfuggire l’occasione di raccontare questo grande alpinista, appassionato della montagna e della vita, disciplinato, coraggioso, meticoloso e cauto nelle scelte che valevano la vita, che abbiamo raggiunto Filippo Thiery, metereologo della Nanga Parbat Winter Expedition 2018-2019, l’uomo delle previsioni, senza il quale non si poteva neanche immaginare di avventurarsi su un Ottomila.
“Daniele era veramente maniacale nel pianificare ogni passo, dagli allenamenti, all’alimentazione, alla logistica, risolvendo imprevisti anche difficili. Metodico, cauto nell’affrontare ogni passo e calcolare tutto. Aveva un senso protettivo oltre che una grande ammirazione per Tom e questo emerge anche dai messaggi che mandava. Probabilmente quello che è accaduto non ha a che fare con le valanghe e i serracchi, che Daniele aveva imparato a conoscere e ad evitare, tenendo il rischio sempre molto basso. Ma è qualcosa che ha a che fare con eventi che possono capitare anche altrove”. (nella foto Filippo Thiery metereologo della spedizione e Daniele Nardi)
Ne abbiamo parlato su Radio Luna
CHI ERA DANIELE – “Daniele come i cooperanti andati nel sud del mondo, si è trovato in questo turbine dei social, dal quale è giusto tirarlo fuori. Non era un avventato e aveva grande considerazione e grande senso di responsabilità verso Tom”.
L’INCIDENTE – L’ipotesi dell’incidente è la più accreditata: “Chiunque abbia arrampicato sa che siamo legati ad una corda e a qualcuno che ci fa sicurezza con un chiodo piantato in una roccia, o nel ghiaccio come in questo caso”.
LE COLONNE D’ERCOLE – “Daniele diceva “Siamo astronauti della Terra”, non per mettere un’impronta nella polvere, ma per un gesto di conoscenza umana e delle capacità umane, per provare a spostare un po’ più in là i confini. Lo possono fare solo persone coraggiose e responsabili”
IL NOME DI DANIELE PER SEMPRE LEGATO AI LEPINI – “Il nome di Daniele per scoprire i Lepini, un patrimonio da vivere e valorizzare”.
I LEPINI NEL CUORE – Daniele aveva accettato di raccontare i Lepini in una rubrica per Radio Luna e per questo sito. Al ritorno dalla spedizione, e anche prima, se non fossero intervenuti imprevisti non legati alla disponibilità di Daniele, ma alla nostra, quella rubrica sarebbe stata una sorta di guida on line, attraverso lo sguardo amorevole e profondo di chi su queste montagne ha immaginato il domani e cominciato a costruire un futuro migliore anche per gli altri. Avendo avuto l’onore di conoscere Daniele sin dai suoi primi passi nel mondo del grande alpinismo, il fatto che avesse accettato senza alcuna esitazione tra i suoi mille impegni, di raccontare le sue montagne infinitesimali rispetto al Karakorum, dice bene chi era Daniele, e il suo attaccamento a questa terra che noi abbiamo ancora a portata di mano. Un mondo che oggi è un dovere scoprire.