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LA NAVE DEI FOLLI
Appuntamento al Bertolt Brecht

teatro d'annunzio latinaFORMIA – Personaggi grotteschi segnati dalla follia. Sono vittime dell’emarginazione, prigionieri del viaggio, immobili sulla soglia dell’esilio. Vengono condotti al loro destino con l’inganno: imbarcati con l’illusione di un pellegrinaggio salvifico: questi i protagonisti de “La nave dei folli” in scena domani alle 21 al Teatro Bertolt Brecht per la stagione del teatro a cappello “Sciapò”, nata nel 2011 da un’idea di Domenico Santo per il Teatro Civico 14 di Caserta. Fare cappello significa non pagare prima, ma dopo, e solo in base al gradimento dello spettacolo proposto. Oggi, proprio come nel XVI secolo, le compagnie sono sempre più spesso chiamate a diventare imprenditrici della propria arte: quale strumento migliore del cappello? Sciapò vuole riportare il cappello nel teatro, per ridare alle compagnie la visibilità che hanno perso, grazie alla creazione di una rete che già per la stagione 2013-14 che può vantare 5 piazze, tra cui il Teatro Bertolt Brecht, in 3 regioni, per ridare al pubblico il potere di scegliere e il piacere di tornare a teatro.

“La nave dei folli” accoglie corpi-relitti, storie di oltraggi, di umanità ripudiata. Anime sopravvissute a se stesse, personaggi senza più nome in un ambiente senza più nome: brandelli di esistenze appartenute forse ad alcuni ma ormai rifiutate, come si rifiutano oggetti vecchi in cui non ci si riconosce più e che denunciano una parte di sé. Quella parte che è comodo non mostrare e soprattutto non guardare.

I nostri folli aspirano ad aggirarsi nelle nostre menti e sotto la nostra pelle, godono a metterci di fronte ad un dubbio, uno specchio distorto che ci fa domande e che non sa dare risposte. Loro stessi vivono nel continuo dubbio della realtà che li esula a volte esitanti nel credere a sé stessi: si sorprendono a fingere, a recitare ruoli o a sentirsene doppi involontari. Sono soli eppure uniti dalla comune solitudine, si tengono per mano, si abbracciano in un amplesso di male comune, ma si fanno anche la guerra, si odiano, si amano e sperano. Sono uomini.

 La nostra attenzione non è concentrata sulla follia come stato psichico, ma sulla ritualizzazione scenica dell’esilio che si trasforma lentamente nel rito del ricordo e della disperazione.

 

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