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Sequestro di beni confiscati nel sud pontino, secondo Cirilli c’è bisogno di un tavolo tecnico

LATINA – Apprendendo la notizia dell’ennesimo colpo inferto alle cosche negli ultimi tempi dalle Forze dell’Ordine e dalla magistratura sul nostro territorio, e cioè il sequestri di beni per circa 8 milioni di euro avvenuto a Fondi, Fabrizio Cirilli rilancia la proposta di istituire un tavolo tecnico istituzionale che agisca come contributo nell’applicazione della normativa nazionale e regionale vigente in materia. Cirilli esorta altresì a provvedere al più preso a ridefinire la struttura dell’Agenzia regionale dei beni confiscati del Lazio, tutto questo affinché i risultati ottenuti con i sequestri non rischino di perdersi nelle maglie della burocrazia, dando così la possibilità alla criminalità di potersene riappropriare.
“È necessario – dichiara Cirilli – rilanciare la proposta volta alla condivisione di un  protocollo di intesa (da me già proposto nel 2006 al Prefetto di Latina) e sollecitare la regione Lazio, attraverso tutti i rappresentanti locali di maggioranza e di opposizione, affinché si ridefinisca la struttura organizzativa dell’ABECOL (Agenzia regionale dei beni confiscati). Ritengo che queste azioni siano fondamentali e propedeutiche all’ottimizzazione della normativa nazionale e regionale sulla confisca dei beni appartenenti alla mafia, ora quanto mai opportuna, considerato l’aumento dei sequestri e delle confische effettuate in questi ultimi anni sul territorio della Regione Lazio e sull’intero territorio nazionale, da ultimo, quello di circa 8 milioni di euro a Franco Peppe e Venanzio Tripodo a Fondi.
Nel 2006, per dare seguito alla legge regionale da me proposta e fatta approvare nel 2001 che prevedeva all’articolo 2 lo stanziamento di fondi per la e il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, proposi l’elaborazione e la sottoscrizione di un protocollo di intesa all’allora prefetto Alfonso Pironti, al procuratore Mancini e al presidente del tribunale Raponi, per la realizzazione di un tavolo istituzionale in materia di beni confiscati alla criminalità organizzata. Questo lavoro che era stato fortemente condiviso tra le istituzioni, purtroppo non venne portato a termine a causa dell’imminenza delle elezioni ed del verificarsi di una serie di fisiologiche successioni e tristi vicissitudini (vedi la scomparsa del presidente del Tribulale Raponi) che fecero slittare l’istituzione del tavolo tecnico istituzionale.
Le questioni affrontate nel protocollo erano sostanzialmente le seguenti:
– Determinare indirizzi e finalità di azione per ciò che attiene i beni sequestrati e confiscati alla mafia.
– Coordinare iniziative per il loro utilizzo.
– Monitorare i risultati dei progetti.
– Determinare sinergie volte a migliorare l’applicazione della normativa nazionale e regionale in materia.
Oggi, con una nota al prefetto  ripresentiamo la necessità di rilanciare questi ragionamenti, al fine di creare quelle sinergie che possano consentire una piena applicazione della legge non solo per ciò che attiene alla confisca consequenziale al sequestro, ma anche per fare in modo che questi beni possano trasformarsi in servizi  per la collettività e quindi un messaggio di legalità che prende come valore di riferimento la dedizione al sociale rispetto alla violenza e all’illegalità che hanno consentito la realizzazione del bene stesso. Contestualmente ritengo strategico e fondamentale in questa fase di lotta alla criminalità organizzata sul nostro territorio, che la Regione Lazio provveda al più presto a ridefinire la struttura organizzativa dell’ABECOL, Agenzia regionale dei beni confiscati, istituita con la legge regionale 24/2009 proposta da me e dal consigliere Fontana. Tale agenzia venne istituita grazie ad una legge trasversale, condivisa tra maggioranza ed opposizione a dimostrazione di come  nell’ambito della Regione Lazio esista una linea trasversale agli schieramenti politici per la lotta alla criminalità organizzata. L’agenzia ha il compito di coordinare e raccordare tutti gli enti che partecipano al processo che porta all’assegnazione ed alla fruizione dei beni confiscati. È fondamentale rendere operativi quegli strumenti di legge che al danno economico inferto alle cosche con il sequestro e con la successiva confisca, facciano seguire il danno culturale e di immagine (dando quindi un segnale ancora più forte alla criminalità) attraverso l’utilizzo del bene oggetto di illegalità per scopi sociali visti come simbolo di legalità. A tal proposito ho inviato una nota al presidente Polverini, al presidente del Consiglio Regionale, ai capigruppo ed a tutti i consiglieri regionali eletti nel collegio di Latina, nella quale si sottolinea l’importanza per la politica di dare segnali forti in questo momento storico in cui l’operato delle Forze dell’Ordine e della magistratura stanno dando importanti risultati

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